Tunisi, novembre 2019. Alla vigilia delle elezioni presidenziali, le clienti del salone di Saïda sono in pieno dibattito. Quale candidato scegliere? Chi conquisterà i voti? Ognuna ha la propria opinione. Parlate più forte o la vostra voce non si sentirà sotto al ronzio dei phon e al sibilo delle doccette lavatesta.

Le donne più anziane hanno lottato per anni per difendere i loro diritti, quando il Paese era sotto il controllo del dittatore Ben Ali. Temono che la loro libertà venga ridotta, mentre le clienti più giovani, che votano per la prima volta, vengono conquistate dagli islamisti conservatori.

Il salone si muove tra dibattiti, tensioni, solidarietà e vivacità vocale. È lo specchio di un Paese in metamorfosi democratica dopo 23 anni di regime autocratico.

Diretto da Sarra El Abed
Produzione: Isabelle Grignon-Francke (Club Vidéo)
Immagine: Catherine Lefebvre
Suono: Camille Demers-Lambert
Montaggio: Jordan Choinière
Musica: Iyaa Ghafouri
Mixaggio: Hans Laitres
Effetti sonori: Louis Duranleau
Color grading: Steven Mercier
Traduzione: Michela Maroni, Giorgia Frigerio

Intervista

Sarra El Abed | 99.media

Sarra El Abed Regista

“Questo salone di parrucchiere fa parte della mia vita da sempre. Ho passato tanti pomeriggi qui, quindi mi è sembrato naturale raccontarlo attraverso un film.”
  • Raccontaci di te, Sarra.


Sono una regista tunisina e vivo a Montréal da quando avevo 9 anni. Ho studiato cinema all’Università del Québec a Montréal, e le mie principali fonti di ispirazione sono la famiglia, il cielo tunisino e i colori.

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  • Senza svelare troppo, alla fine del film c’è un momento divertente che rivela il tuo legame personale con il salone.


Quando ero piccola, trascorrevo le estati a Tunisi, e lì è nata la mia passione per il cinema. Ero affascinata dalle donne della mia famiglia: la loro forza, il loro femminismo, il loro magnetismo. Ho sempre desiderato rendere loro omaggio in modo duraturo. Questo salone di parrucchiere fa parte della mia vita da sempre. Ho passato tanti pomeriggi qui, quindi mi è sembrato naturale raccontarlo attraverso un film.

Dopo la Rivoluzione, ho iniziato a concentrarmi sulla situazione politica in Tunisia. Già molto prima della Primavera Araba, avevo notato l’importanza del ruolo delle donne nella società. Questo ha rafforzato la mia determinazione a mettere in luce il contributo fondamentale delle donne tunisine all’evoluzione sociale e politica del loro Paese. Come spazio sicuro per incontrarsi e dibattere con altre donne, il salone si è rivelato il luogo perfetto per cogliere il polso politico delle realtà femminili.

“Le riprese sono state molto intime; noi della troupe siamo diventati parte dell’arredamento!”
  • Il salone de Fifi“, un film di Iris Zaki girato in un salone di parrucchiere a Haifa, è disponibile su 99. Anche la regista camerunese Rosine Mbakam ha girato in un salone a Bruxelles per il suo documentario “Chez Jolie Coiffure”. Perché i saloni di parrucchiere sono, secondo te, una fonte d’ispirazione così interessante?


Ho sempre trovato che i saloni fossero luoghi unici. Questo salone a Tunisi è un crocevia dove si incontrano donne di tutti i ceti sociali. È molto più di un posto per sistemarsi i capelli.

Alcune clienti vengono anche senza appuntamento, senza nemmeno l’intenzione di farsi i capelli. È uno spazio privo di complessi per le donne, dove possono dibattere apertamente. Un luogo dove alcune festeggiano un matrimonio e altre affrontano un lutto. Le amicizie della maggior parte delle donne che abbiamo incontrato non vanno oltre il salone, ma qui si riuniscono e si prendono del tempo per loro stesse.

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  • La camera è sempre in movimento, segue le clienti che entrano e escono. Le riprese sono ravvicinate e si gioca con gli specchi. Parlaci del ritmo e dello stile delle riprese.


Il mio obiettivo era minimizzare la presenza della troupe per offrire allo spettatore una sensazione di immersione totale. Dato lo spazio ristretto, le inquadrature fisse e grandangolari che avevo inizialmente previsto non erano possibili. La camera si è naturalmente intrecciata con le donne, creando punti di vista che ricordano la vita reale. La mia fascinazione per gli specchi e le cornici dentro le cornici ha trovato terreno fertile in questo ambiente, diventando a volte l’unico modo per catturare alcune immagini.

Le riprese sono state molto intime; noi della troupe siamo diventati parte dell’arredamento! Abbiamo condiviso la quotidianità delle donne, preso caffè insieme, stretto amicizie. Era importante mantenere un approccio professionale, ma non sembrava affatto un lavoro. C’era un’atmosfera leggera e di grande complicità.

  • Vediamo una giovane elettrice nel salone che sostiene Ennahdha. Le anziane la zittiscono, definendola regressiva e parlano in modo duro. Ma di solito accade il contrario: una gioventù progressista contro adulti conservatori. Come lo spieghi?


Dopo la rivoluzione, una parte della gioventù tunisina ha abbracciato un significativo ritorno al conservatorismo. Anche se la rivoluzione è stata una ricerca di libertà, uguaglianza e giustizia sociale, sembra che alcuni giovani tunisini abbiano trovato rifugio nella politica conservatrice. I conservatori sembravano più organizzati e robusti nel rispondere alle difficoltà economiche, all’incertezza politica e all’instabilità sociale.

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  • Quali progetti hai in corso?


Torno alla fiction! Ho appena finito di scrivere il mio primo lungometraggio, Adieu Minette, che si svolge tra Tunisi e Montréal. Al momento sono immersa nella burocrazia finanziaria.

Ho anche iniziato a scrivere un secondo lungometraggio intitolato Gens qui rient, gens qui pleurent, ambientato in Tunisia. Questi ultimi due anni sono stati pieni di ricerche e scrittura, e ora non vedo l’ora di tornare dietro la macchina da presa.

  • Un commento su 99 e sul fatto che il tuo film sia ora disponibile in diverse lingue grazie ai sottotitoli?


Mi riempie il cuore di gioia! È incredibile vedere che questo film, prodotto nel 2019, continua ad attirare spettatori. Ha anche acquisito un nuovo significato, soprattutto considerando la situazione attuale in Tunisia.

La Tunisia è un piccolo Paese, con una storia piuttosto particolare. Quindi, se il mio cortometraggio permette a nuovi spettatori di interessarsi al mio piccolo angolo di mondo, mi fa immensamente piacere.

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